Evento nazionale Goal 5: Fare della parità di genere il pilastro della ripresa
Il fenomeno della violenza economica sulle donne è alimentato anche da aspetti culturali, di vecchio stampo, ancora presenti nel nostro Paese. Non sempre l’uso della tecnologia incide in maniera positiva sulla parità di genere. 30/9/20
Per ridurre le disuguaglianze di genere e arrestare il fenomeno di violenza economica sulle donne bisogna agire con forza su quattro aspetti: sotto al profilo culturale; sulla formazione, anche finanziaria; sull’innovazione, che però deve essere inclusiva; con politiche sociali, per facilitare ad esempio il congedo paritario e la diffusione di asili accessibili a tutte le famiglie.
È quanto emerge dall’evento del 29 settembre (ore 17:00) “Come contrastare la violenza economica sulle donne: L’innovazione dà una mano?” organizzato presso il museo Macro di Roma dal Gruppo di Lavoro dell’ASviS sul Goal 5, e aperto dalle parole di Enrico Giovannini: “La parità di genere è un principio che a parole tutti accettano ma che spesso, anche su un piano giuridico, non viene praticato. Inoltre vorrei ricordare il Target 10.3 dell’Agenda 2030 che dice che bisogna assicurare la parità delle opportunità, e ridurre le disuguaglianze di risultato. Va ricordato che su questa seconda parte non tutti concordano. L’Italia ha fatto dei passi avanti sul piano formale, abbiamo una serie di legislazioni che hanno incluso questo principio, ma poi nella pratica come spesso succede nel nostro Paese siamo distanti da quanto proposto nella legge. Penso che per garantire la parità di genere l’aspetto culturale sia fondamentale. Per finire, anche nelle recenti elezioni regionali abbiamo visto regioni con un disequilibrio di genere, questo è un elemento importante da sottolineare, perché la diversità è fondamentale quando si devono fare dei salti in avanti, sia da un punto di vista delle imprese e sia delle istituzioni”.
A moderare la tavola rotonda ci ha pensato Simona Rossitto, giornalista de “Il Sole 24 ore” che ha introdotto il filo della discussione. “Parliamo di parità di genere e indipendenza economica. Una donna indipendente ha meno probabilità di subire violenza economica, e anche quella fisica, poiché queste due vanno a braccetto. L'ultimo lavoro del World economic forum sul tema ci fornisce un dato che fa riflettere, di questo passo ci vorranno ben 222 anni per sconfiggere il ‘pay Gap’ di genere”, ha ricordato la giornalista.
Magda Bianco, capo del Dipartimento tutela della clientela ed educazione finanziaria della Banca d'Italia, ha invece illustrato qualche dato significativo sull’argomento: “Secondo il ‘quarto rapporto Unioncamere’ negli ultimi anni, prima della crisi, le imprese femminili sono state più attente alla sostenibilità e sono più precise nei pagamenti, e in generale chiedono meno prestiti. Ma, nonostante questo, quando li chiedono si vedono opporre più rifiuti rispetto alle imprese maschili. Hanno dunque maggiori difficoltà di accesso al credito. Inoltre si osserva anche una richiesta maggiore in termini di garanzie alle imprese femminili. In Italia c’è una lunga esperienza di fondi di finanziamento dedicati alle donne, che hanno avuto un certo successo, ma manca ancora un’informazione coerente e unitaria. Bisogna infine ricordare che nel mondo, e anche in Italia, le donne posseggono un’alfabetizzazione finanziaria più bassa degli uomini, ma anche a parità di competenze le donne si sottovalutano di più”.
Mario Calderini, professore ordinario di innovazione sociale al Politecnico di Milano, ha poi fatto notare che la tecnologia non produce per forza effetti positivi sul Goal 5. “La tecnologia non è generatrice di disuguaglianze ma può essere amplificatore”, ha dichiarato Calderini, “L’Agenda 2030 fortunatamente ci sta costringendo a ragionare in modo più profondo. Ma non è detto che tutte le misure che sembrano sociali e verdi non nascondano all’interno elementi di disuguaglianza. Sulla questione dello smart working, per esempio, dobbiamo capire come impatta realmente sulla condizione femminile, di sicuro quello fatto in periodo di Covid ha aumentato le disuguaglianze domestiche, anche di parecchio”.
Sull’aspetto giuridico si è soffermato Fabrizio Filice, Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Vercelli, che ha chiarito come “Nelle relazioni di prossimità la violenza di genere si manifesti soprattutto in una condizione di disparità. Sentendo le vittime di questo tipo di violenza, mi sono capitati casi in cui spesso le liti che generano una reazione violenta da parte del partner abbiano un’origine economica. Un comportamento che si accentua nei casi dove c’è una carenza culturale, ma presenti comunque anche in famiglie più acculturate. Inoltre, anche quando la partner ha una propria indipendenza, spesso l’autore del reato rivendica il diritto di gestire e controllare tutte le risorse familiari”.
A portare la voce governativa al tavolo di dibattito ci ha pensato Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria per l’Economia e le finanze: “Ogni volta che si guardano le statistiche sull’occupazione femminile siamo di fronte a un quadro desolante. Avevamo raggiunto il 50% con il tasso di occupazione femminile, di 18 punti più basso di quello maschile, ma il Covid ci ha fatto tornare indietro. Rimangono forti le disparità, le donne per esempio a parità di lavoro guadagnano meno degli uomini. Un aspetto di questa disuguaglianza è dato dal ruolo che le donne hanno nella famiglia. Banalmente, sono le donne che si occupano del lavoro di cura e delle faccende domestiche, e questo le induce ad accettare lavori vicino casa e flessibili, che spesso sono pagati male. Un fattore che le espone maggiormente ai ricatti e alle molestie sul posto di lavoro. E poi c’è un substrato culturale che rappresenta un problema. Secondo diversi sondaggi si pensa per esempio che gli uomini non siano adatti ai lavori domestici, pur essendo semplici da imparare, e si ritiene che debba essere solo l’uomo a gestire le risorse della famiglia. In Parlamento ci sono diverse leggi a garanzia della trasparenza e dell’uguaglianza di genere, bisogna approvarle in tempi rapidi”.
Infine, Doria Iacobelli, co-cordinatrice del Gruppo di Lavoro (GdL) sul Goal 5 dell’ASviS, ha chiuso la giornata di lavori con una serie di proposte in grado di invertire questa tendenza. “Cercheremo di dar voce a tutte le buone pratiche che l’ASviS ha presentato nei suoi GdL. Riteniamo che il fenomeno della violenza economica sulle donne sia fortemente sottovalutato. La costruzione di un vero rilancio del Paese non può avvenire senza le donne, che devono essere coinvolte nella progettazione e nella proposizione di linee strategiche per le politiche future. Parte delle risorse che arriveranno dall’Europa deve esser destinata a ridurre il gap di partecipazione alla vita del Paese tra uomini e donne. Bisogna poi fare del Goal 5 dell’Agenda 2030 un pilastro per la ripresa, come proposto anche dalla task force Colao. Bisogna poi estendere il campo d’applicazione della norma sulle quote rosa, che ha prodotto risultati ma non è stata efficace in ogni settore, e puntare forte sulla riduzione del gender pay gap”, ha concluso Iacobelli.
di Ivan Manzo