Evento Goal 2, ministra Bellanova: non dare l'accesso al cibo per scontato
Le città non possono raggiungere da sole i 17 SDGs, ma abbiamo bisogno delle città per raggiungerli”. Il convegno nazionale sul rapporto cibo-città e sul ruolo delle campagne come garanzia per la resilienza delle comunità. [VIDEO] 1/10/20
“Oggi oltre la metà della popolazione mondiale (circa il 55%) vive in insediamenti urbani, e il trend è destinato ad aumentare, per raggiungere l’80% nel 2050. Anche in Italia, le città ospitano il 75% della popolazione, cifra che crescerà nei prossimi 20 anni”.
Da queste considerazioni è nato l’evento nazionale “Cibo e città: come accelerare un futuro sostenibile?”, diffuso in rete il 30 settembre e organizzato dalla Fondazione Barilla center for food and nutrition in collaborazione con il Gruppo di lavoro sul Goal 2 (Sconfiggere la fame) dell’ASviS. L’iniziativa ha analizzato il ruolo degli insediamenti urbani come agenti di cambiamento, mettendo in luce soluzioni e buone pratiche locali. Le città rappresentano infatti un importante terreno di sfida, ma anche un’occasione per accelerare la transizione verso lo sviluppo sostenibile.
A introdurre il convegno, moderato da Laura Bettini, giornalista di Radio 24, è stato Gian Paolo Cesaretti, presidente della fondazione Simone Cesaretti e coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2. Cesaretti ha introdotto l’argomento ponendo una domanda: “In che modo i sistemi e le politiche alimentari del pianeta sono in grado di svolgere le proprie funzioni, massimizzando le esternalità necessarie a contribuire al benessere della società?”
La soddisfazione di queste politiche alimentari passa anche e soprattutto dalle città, collegate a doppio filo dal rapporto con la campagna: “Dobbiamo comprendere come questi sistemi alimentari possano essere maggiormente efficienti, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche rispetto a povertà, salute, clima” prosegue Cesaretti. Gli insediamenti urbani diventano in questo modo una “metafora della società”, che dovrà essere in grado di rispondere a queste numerose sfide, anche tramite l’aiuto del mondo della ricerca e dell’università.
Al convegno è intervenuta tramite un messaggio video anche Teresa Bellanova, ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali, che ha sottolineato “l’impegno di ASviS a rendere conosciuti e popolari i 17 SDGs”. “La pandemia ci ha fatto scoprire come l’accesso al cibo non debba essere dato per scontato” prosegue la ministra, “così come il lavoro delle filiere che sono rimaste attive in un periodo di crisi. L’obiettivo ‘fame zero’ riguarda tutti, anche le nostre città”. Teresa Bellanova ha ricordato inoltre che, durante la pandemia, si è riscontrata una grande quantità di eccedenze da parte della filiera alimentare, che sono poi state ridistribuite tra i più poveri e bisognosi. “Contro lo spreco abbiamo stanziato 600 milioni di euro, devolvendo fondi anche al settore della ristorazione, dove viene assorbito il 30% della produzione”. “La nuova Europa passa da qui” conclude la ministra: “da un’Italia più forte, più verde, innovativa e inclusiva”.
Dopo l’intervento di Bellanova è seguito quello di Andrea Gavinelli, responsabile dell’Unità “Animal welfare and antimicrobial resistance” della Commissione europea. “Il legame tra l’allevamento, il supermercato e il nostro piatto è oggi più forte che mai” ha affermato Gavinelli, “le vie sono state definite e si tratta solo di seguire la strada”. Gli obiettivi che l’Unione si deve porre, ha ricordato Gavinelli, riguardano anche la realizzazione della prima legge europea sulla sostenibilità, necessaria per conferire un cappello giuridico al raggiungimento degli Obiettivi.
Ha proseguito la discussione Andrea Alemanno, Responsabile ricerche sulla sostenibilità di Ipsos, che ha presentato i risultati di un’indagine sull’Urban food policy, che si è occupata di studiare il livello di consapevolezza e conoscenza, a livello locale, degli SDGs, misurando inoltre le politiche urbane attive e il loro attuale dispiegamento. “La maggior parte dei comuni intervistati è a conoscenza degli SDGs” afferma Alemanno, “ma gli stessi comuni hanno realizzato delle iniziative?”
Il tratto che accomuna gli enti locali è infatti “una certa distanza tra ciò che i comuni vogliono fare e ciò che riescono a fare”. “È comunque prioritario ridurre lo spreco alimentare” ricorda Alemanno, “a partire dalle scuole e dalle mense, passando per i mercati rionali, ma anche educando i consumatori a un rapporto con il cibo più sano”.
Davide Marino, professore dell’università del Molise e dell’università Roma Tre, e membro della “Rete nazionale politiche locali del cibo”, ha invece presentato “Cibo, città, sostenibilità. Un tema strategico per l'Agenda 2030", il Position paper redatto dal Gruppo di lavoro sul Goal 2 dell'ASviS”, in cui viene ribadita la necessità di “politiche alimentari strutturate a livello locale”, aggiungendo che: “la distribuzione deve essere governata non solo nella città, ma nel rapporto tra queste e le aree rurali”. Sulla mancanza di politiche alimentari strutturate ha poi influito il Covid-19, evidenziando le fratture nella filiera, così come i sistemi virtuosi. Nel position paper presentato da Marino sono stati inoltre introdotti 10 punti per i policy maker, raggruppabili in tre aree: pianificazione di una politica del cibo (e conseguente necessità di dati), difesa delle fasce più deboli della popolazione, rafforzamento della resilienza e del legame tra città e campagna.
A seguire l’intervento di Marta Antonelli, direttrice di ricerca della fondazione Barilla, che ha richiamato l’attenzione sugli impatti legati allo spreco alimentare (circa un terzo degli alimenti prodotti), e sulle azioni che ognuno di noi può esercitare a livello individuale, perché ognuno di noi è cittadino e consumatore. “All’interno della città tutte le sfide sono evidenti: crisi alimentare, crisi climatica, crisi sanitaria” ha proseguito Antonelli, “gli enti locali possono plasmare in modo diretto e indiretto numerosi settori: le città non possono raggiungere da sole i 17SDGs, ma abbiamo bisogno delle città per raggiungerli”.
Stefania Quaini, responsabile Food impacts initiative per la fondazione Eni Enrico Mattei, ha invece incentrato il discorso sulle nuove tecnologie che devono essere rese disponibili per l’agricoltura (ad esempio, l’idroponica), mentre Marco Lucchini, segretario generale della fondazione Banco alimentare onlus, ha definito la differenza tra due tipi di consumatori che abitano le città: acquirenti e non acquirenti. “I primi hanno accesso alla fiera alimentare tramite varie vie (luoghi fisici o virtuali), mentre i non acquirenti non ne hanno la possibilità, e si rivolgono dunque alle mense”. Questa è la ragione per cui le città si stanno svuotando delle fasce benestanti della popolazione, per favorire il concentramento invece di quelle più povere.
Sono seguiti, all’intervento di Lucchini, quelli di Roberta Sonnino, professoressa dell’Università di Cardiff, che ha avvertito sul rischio di “non scaricare sulle singole amministrazioni tutto il peso delle politiche alimentari”; Dino Scanavino, presidente della Confederazione italiana agricoltori, che ha ricordato quanto “un buon governo delle campagne costituisca una garanzia per la resilienza delle città”; e Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, che ha invece sottolineato il potenziale del settore agricolo nello sviluppo delle smart cities, con “nuove aree verdi, alberi, nonché produzione di metano agricolo, che anziché creare un disvalore potrebbe costituire un valore importante da reinvestire”.
Hanno chiuso il convegno Angelo Riccaboni, professore ordinario presso l’università di Siena, presidente della fondazione Prima e coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 2, che ha evidenziato l’importanza, per rivitalizzare le campagne, di svilupparvi “una vita sociale di aggregazione dove la gente possa vivere volentieri, garantendo i servizi educativi, sanitari, comunicativi adeguati”. Il cambiamento, in questo senso, può essere realizzato “solo se le campagne diventano un luogo da vivere”; infine, Andrea Magarini, coordinatore Food policy per il comune di Milano, che è andato a evidenziare il lavoro che tante città stanno compiendo per programmare le food policy del futuro, “condividendo idee e trovando risposte comuni a sfide complesse”.
di Flavio Natale