Fa tappa ad ArtLab il “Cantiere di immaginazione sociale. #nessunoescluso”, percorso promosso dal Ccw - Cultural welfare center come contributo al ripensamento collettivo in corso per uno sviluppo sostenibile e inclusivo, dopo il trauma individuale e collettivo della pandemia.

La tempesta sanitaria ha fatto emergere con chiarezza brutale i nodi sociali irrisolti e allo stesso tempo ha prodotto nuove disuguaglianze economiche, sociali e di salute, che investono in particolare donne, giovani e bambini. L’interruzione della socialità più ampia, anche scolastica, e il confinamento nelle case hanno accentuato la povertà educativa. Le limitazioni all’interazione sociale e alla partecipazione culturale gravano in modo particolare sugli anziani, moltiplicando le esperienze di solitudine e isolamento e riducendo le loro opportunità di salute fisica e mentale.

D’altra parte, la cultura, grande risorsa per l’empowerment delle persone e delle comunità, deve fare i conti con la fragilità delle sue imprese e delle sue organizzazioni, con la sua insufficiente sostenibilità, con l’accentuarsi delle disuguaglianze di scala e di opportunità e con la crisi occupazionale del settore, che investe in particolare i giovani, le donne, i meno garantiti.

Le istituzioni culturali, luoghi di socialità per eccellenza, con i contigentamenti imposti dalle misure di contrasto al Covid, sono al lavoro per garantire accessibilità, democrazia della cultura con nuove modalità di ingaggio che lavorano con le risorse digitali insieme agli strumenti dell’interazione fisica. Rischiano il futuro le realtà culturali di prossimità, che fanno della collaborazione con i mondi del sociale e dell’educazione la propria ragione d’essere. E con loro, è in pericolo il delicato tessuto culturale per il welfare generativo che ha caratterizzato l’ultimo decennio.

Partendo dalla lettura degli elementi di scenario che vanno ricomponendosi dopo il terremoto sociale, la “tempesta perfetta”, l’onda lunga delle scosse, costruiamo insieme trame di futuro, partendo da una domanda: fuori da ogni retorica, come può la Cultura ferita tradursi in una risorsa trasformativa per un nuovo welfare, abbracciando la complessità con le azioni sistemiche che richiede?